Cesare è il coordinatore della Sala Blu della stazione di Torino, un servizio che si occupa dell’assistenza delle persone a mobilità ridotta che viaggiano in treno.
Abbiamo chiesto a Cesare di raccontarci qualcosa di sé e del suo lavoro presso la Sala Blu di Torino. E dalla sua intervista nasce una storia di grande dedizione e impegno per un’attività che lo coinvolge professionalmente e personalmente.
Mi chiamo Cesare e sono il coordinatore della Sala Blu di Torino. Mi occupo dell’attività di assistenza alle persone con disabilità e a ridotta mobilità dal 2011. Prima di allora ho sempre lavorato in ambito amministrativo e mai avrei immaginato, quando sono stato assunto in ferrovia, di fare questo lavoro.
Quando mi è stato proposto, è iniziata un’avventura impegnativa perché ho dovuto confrontarmi con un mondo che non conoscevo dal lato del servizio ferroviario.
Naturalmente sono stato accompagnato da un robusto percorso formativo orientato non solo sugli aspetti organizzativi ma anche sul mondo della disabilità che, in parte, già conoscevo per esperienza personale.
Il mio lavoro consiste nell’organizzare il servizio della Sala Blu. In pratica, sovrintendo all’attività del personale di front-line, tengo sotto controllo le prestazioni della ditta appaltatrice che effettua il servizio di assistenza ed elaboro la contabilità di queste prestazioni, tengo i contatti con le imprese ferroviarie, gestisco il parco dei mezzi di ausilio e, dove posso, penso anche a come migliorare il servizio.
Le mie giornate a volte sono abbastanza lineari: anzitutto mi informo che tutto vada bene ,tenendo sempre sott’occhio l’agenda dei servizi da effettuare, faccio frequenti sopralluoghi in Sala Blu per comunicare con i colleghi addetti al front line e “annusare” eventuali problemi, effettuo delle visite ispettive per monitorare il livello di qualità del servizio, e in mezzo a tutto questo telefonate, e-mail, prospetti e molte varie ed eventuali.
A volte però succede qualche imprevisto: un treno in ritardo, un viaggiatore che non fa in tempo a prenderlo, e allora si corre ai ripari e la giornata si infiamma e diventa incandescente. Delle volte succede anche di notte.

L’attività di Sala Blu è molto impegnativa ma anche gratificante: il contatto diretto con le persone richiede professionalità e competenza, ma la fatica il più delle volte viene apprezzata e molto spesso ricompensata quando, con i viaggiatori abituali, si crea un rapporto che è molto simile all’amicizia.
La sensazione più bella a fine giornata è quella di aver fatto qualcosa di molto utile.
Sono numerosi gli aneddoti e gli episodi, divertenti e non, che in questi anni sono successi e che ho condiviso con i miei colleghi. Forse un giorno li raccoglierò tutti insieme in un opuscolo. Chissà…
Quello che ricordo con più soddisfazione è quando un nostro viaggiatore abituale, studente universitario, si è laureato e gli abbiamo fatto una piccola festa. In quell’occasione ci ha detto che senza di noi non si sarebbe mai laureato.
Ma non tutte le ciambelle riescono col buco e qualche volta, purtroppo, dobbiamo registrare un insuccesso o più semplicemente non riusciamo a capirci. Infatti, il problema più grande per gli operatori è proprio entrare in sintonia con il cliente, capire i suoi bisogni ed offrirgli la soluzione più adatta.
Quindi cerchiamo di fare le domande giuste, che possono essere anche imbarazzanti; diamo delle spiegazioni ma a volte è molto difficile. In alcuni casi capita che di fronte a questa incomunicabilità ci si irrigidisce e si crea un muro tra gli interlocutori.
Io consiglio sempre di rimanere sé stessi e non fingere sufficienza o pazienza forzata. Se, ad esempio, comunicando con una persona non udente mi accorgo che non riesco a farmi comprendere, non mi metto a fare le boccacce per amplificare il linguaggio labiale; prendo carta e penna e mi metto a scrivere. In questo modo faccio capire che voglio comunicare in modo chiaro e preciso, senza correre il rischio di fare errori, e che non sto prendendo in giro chi ho di fronte.
Con tutto questo mi ritengo fortunato a fare quello che faccio.